Gnoomes : stargaze dagli Urali

Gnoomes_15(small)

“Stargaze is like a human state, when you’re lying on the grass with your friends, telling funny stories, and watching shooting stars./ “Lo stargaze è come una condizione umana, quando sei disteso sull’erba con i tuoi amici, raccontando storie divertenti e guardando le stelle cadenti”, così i russi Gnoomes descrivono la propria musica su Bandcamp. Hanno all’attivo un EP, “It’s moonbow​-​time, boy” (2014) ed un album, “Ngan!” (ottobre 2015), uscito per la Rocket Recordings, etichetta britannica, che ha pubblicato, tra gli altri, Anthroprophh, Goat, Gnod e gli italiani Lay Llamas. Sono una band di base a Perm’(Para ma, parola ugro-finnica che significa terra lontana), città situata ad ovest della catena degli Urali. La line up è a tre: Alex Pyankov (basso, voce), Pavel Fedoseev (batteria, percussioni) e Dmitry Konyushevich (chitarra). Giovani musicisti con la voglia di “fuggire dalle realtà russe e di connettersi con il resto del mondo tramite le proprie canzoni” e che, nel loro isolamento, sono riusciti a trovare una formula sonora, magari non personale ma sicuramente d’effetto, capace di muoversi tra shoegaze, dream pop, psichedelia e kraut rock. L’album di debutto, a sorpresa, contiene solo quattro brani :”Roadhouse”, “Myriads”, “Moognes” e “My son”. Un po’ pochi, sono quelli che potrebbero stare su un EP. Ma c’è un perché di questa scelta: la prima e l’ultima traccia superano i quattordici minuti. Tempo che, a dire la verità, passa velocemente perché ogni pezzo, dal più breve al più lungo, è multisfaccettato: si compone di più strati, di fondo c’è l’abitudine a tendere verso un suono dilatato e psichedelico, che però riesce a contenere al suo interno una predisposizione, naturale e spontanea, per la melodia pop e, a volte, c’è anche spazio, sottotraccia, per chitarre sporche e rumorose. Che però sono completamente assenti nell’ultima (non) canzone, la cui struttura a vortice ha dinamiche labirintiche e ripetitive, con atmosfere ambient tendenti a ritmi kraut nel finale. Nel suono del trio sono quindi fondamentali due componenti: quella sognante e quella cosmica, quest’ultima presa in prestito dal kraut rock e dal space rock. Non stupisce quindi che “Roadhouse”, primo brano in scaletta, voglia essere, a detta della band, “una versione psichedelica di Autobahn”.

(Monica Mazzoli)