Enrico Stradi Awards 2014

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La cosa più importante da dire riguardo la mia classifica dei migliori album dell’anno è che non è una classifica dei migliori album dell’anno. Sì perchè lo so che è uscito “Benji”, lo so che sono tornati i Run The Jewels e gli Swans, lo so che Aphex Twin non lo capisco ora ma lo capirò forse tra un paio di anni. Ma io ho ascoltato altre cose.

Sarà che sono fissato e un po’ troppo sensibile a macroargomenti come il passare del tempo, le evoluzioni, le de-evoluzioni, i cambiamenti, il diventare grandi o adulti o tutte e due le cose, le direzioni da prendere, le strade da percorrere e con chi. Sarà tutto questo messo assieme, sarà che quindi non ho perso tempo ad inseguire mode ed entusiasmi e pensieri sulla musica futuribile che reputo quasi del tutto artefatti, plasticosi, iperspecialistici o proprio iperboli del nulla o del mediocre. E nemmeno mi sono sforzato di capire altri dischi che per me risultano insipidi anche dopo svariate ascolti. Quest’anno ho ascoltato soprattutto e quasi esclusivamente quello che mi andava, e quello che mi andava di più lo trovate qua sotto.

 

TOP 10 DISCHI

1/ The War On Drugs, “Lost In The Dream”
Questo album è iniziato ad esistere nelle mie orecchie a metà marzo e nel corso dell’anno si è preso tutto il resto: oltre alle orecchie, anche gli occhi, le mani e gli altri organi sensoriali. Le canzoni hanno cominciato ad attaccarsi ai ricordi, ai posti in cui sono stato, alla strada che ho fatto.  Ora che marzo è passato da un bel po’, non smetto comunque di avvertirne la grandezza: continua a crescere, ad allungarsi, proprio come i pezzi infiniti che lo compongono. Il titolo “Lost In The Dream” sembra una dedica ai sognatori o a quelli che si perdono, ma in realtà quello dei The War On Drugs è un disco per quelli che la strada giusta la ritrovano o l’hanno ritrovata e ora ci corrono sopra ai mille all’ora.

2/ Amen Dunes, “Love”
Un disco di sole canzoni d’amore che si chiama “Love” può voler significare soltanto due cose: o è la fiera delle banalità o è un album grandissimo. In questo caso è la due. Amen Dunes canta con la sua voce multistrato, suona il pianoforte, in alcuni momenti sembra quasi singhiozzare di lacrime. Un suono torbido, che sembra registrato in una caverna o in qualche sotterraneo abbandonato. Insomma, come vi dicevo, un disco grandissimo.

3/ Beck, “Morning Phase”
Una cosa che ho pensato riguardo al disco di Beck è che non importa quanto chiacchiericcio o attenzioni o hype provochino gli album quando escono perchè alla fine se sono album belli davvero poi ti ritornano addosso molto, molto, molto più forte di prima. Ad esempio come mi è successo con “Morning Phase”. Un disco che definirei “maturo” se non fosse che Beck “maturo” – e cioè “grande”, “capace”, “completo” – lo è da chissà quanto tempo. Questo disco non aggiunge nulla di nuovo a quello che Beck è in grado di fare, perchè Beck è in grado di fare tutto. Semplicemente (eufemismo) ha ri-fatto un grandissimo album.

4/ Sharon Van Etten, “Are We There”
Il titolo di questo disco è una domanda senza il punto interrogativo. Se si considera che a tenere insieme tutte le canzoni che ci sono dentro è una riflessione disincantata sull’amore e su quello che l’amore fa alle persone di bello o di brutto, si intende subito quale sia l’idea di Sharon Van Etten a riguardo: il suo disco racconta storie di perdita, di dolore, di solitudine, di burroni dentro al cuore di amore vero, di buchi da riempire dentro la cassa toracica. E lo fa in un modo straziante, così da tanto da essere maestoso.

5/ Chet Faker, “Built On Glass”
Disco fighetto che nella classifica conclusiva dell’anno trova il suo spazio per onestà intellettuale. Potrei infatti fingere che questa roba l’ho ascoltata soltanto con leggerezza o superficialità, potrei scrivere che è roba che va bene solo per i milanesi e per il popolo stolto degli aperitivi, o che presto ce ne scorderemo tutti com’è giusto che sia. Potrei sì, ma la verità è che questo disco mi è piaciuto e tanto. Quindi lo ammetto con meno schizzinoseria di molti altri: e anche per questo, “Built On Glass” è il “disco Renzi” del 2014.

6/ Sleaford Mods, “Divide And Exit”
Ho sempre mal sopportato gli inglesi per quel loro modo di atteggiarsi e di rimarcare costantemente una certa grazia ed eleganza nei modi, nei toni, nelle apparenze esteriori: l’ora del thè coi biscottini, Jane Austen o il leggere Jane Austen, orgoglio e pregiudizio, la regina Elisabetta coi suoi completini color pastello. La verità è che appena fuori dal recinto dorato di Londra rimangono un popolo di ubriachi sdentati allevatori di pecore o fabbri o operai metallurgici, che possono anche essersi evoluti di qualche stadio antropologico rispetto a qualche decennio fa ma tali allevatori di pecore-fabbri-operai metallurgici resteranno e per sempre, e a me così sporchi e probabilmente puzzolenti come sono gli Sleaford Mods piacciono molto molto di più.

7/ St Vincent, “St Vincent”
Non c’ero quando David Bowie si inventò Ziggy Stardust. Non voglio fare paragoni azzardati, ma forse l’impatto di questo disco di St Vincent, almeno nei confronti di sè stessa, è lo stesso. La ragazza indiscutibilmente più bella e brava della musica attualmente suonata e cantata ha provato a rendersi artista definitiva lasciandosi alle spalle quell’aria di femminile purezza che la contraddistingueva all’inizio, trasformandosi in un un umanoide alieno capace di performance energiche, avanguardiste, totali. E il disco registra fedelmente questa trasformazione: robotico, elettrico, fulminante.

8/ Damon Albarn, “Everyday Robots”
Damon Albarn Re Mida della musica moderna e quindi ogni cosa che tocca si trasforma in oro. Questo vale per altri pochi musicisti sulla Terra tipo David Byrne ma quest’anno è il turno di Damon Albarn, che per la prima volta dopo tanti anni fa uscire il suo primo disco solista. Dentro ci finiscono un po’ tutte le cose che il buondo inglesino ha fatto fino ad ora, le multi-identità, un po’ di quello, un po’ di questo, un po’ di quest’altro, tutto rimiscelato in pop onesto, di mestiere, a suo modo colto.

9/ The Acid, “Liminal”
Non ho ancora capito se ho sopravvalutato o sottovalutato questo disco. Lo accolsi con la giusta freddezza di quando si accolgono questo tipo di cose, e cioè l’ormai consuetudinario mischione di elettronica e soul bianco, ma da allora l’ho ascoltato molto di più di quello che avevo previsto. Un disco che luccica, e devo capire ancora se è un piccolo gioiellino o uno specchietto per le allodole. Nel frattempo però in classifica ci va eccome.

10/ Future Islands, “Singles”
Ho accolto questo disco con grande entusiasmo quando è uscito. La smania dei Future Island di farsi grandi, una volta per tutte, la perfezione e la cura impiegate nelle canzoni, in ogni singolo pezzo. Col tempo però sembra si sia un po’ sgonfiato, e io ho ripreso ad ascoltare i vecchi album che forse – soltanto forse – sono migliori questo. Brutto segno. Ma poi alla ci ho pensato bene e ho realizzato che senza canzoni come “Seasons” e “A Dream Of You And Me” il mio 2014 sarebbe stato tutta un’altra cosa. E quindi eccoli qui i Future Islands, dentro all’ultimo. Bravi.

TOP 3 GENTE FRESCA

Ovvero le cose emergenti più valide uscite quest’anno, cidì o ellepì che siano.

1/ Ought, More Than Any Other Day”
2/ Movement, “Movement”

3/ Josef Salvat, “In Your Prime”

 

TOP 3 CANZONE DELL’ANNO EX AEQUO

Leon Bridges, “Coming Home”

The War On Drugs, “Burning”

Panda Bear, “Mr Noah”

 

#STRADICONSIGLIA. LA PLAYLIST

C’è un sacco di roba che per problemi di spazio è dovuta rimanere fuori dalle top cose musicali del 2014. Se avete 4 ore e 59 minuti liberi, qui o qui sotto trovate 72 canzoni che vale la pena ascoltare (almeno secondo me).

 

TOP 3 LIVE

1/ Fuck Buttons @ Arti Vive Festival
I Fuck Buttons a Soliera. Ripeto: i Fuck Buttons a Soliera. Gratis. Sono arrivati al pomeriggio presto e ripartiti la sera tardi, forse era già mattina. È stato un po’ come assistere allo sbarco di un UFO con gli alieni dentro. “Se uno ci pensa, non ci può credere” (cit.).
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2/ Slowdive @ Off Festival
Finchè non li si vede live gli Slowdive tutti i discorsi su di loro valgono meno. All’Off Festival di Katowice si aveva tutti la sensazione di assistere a qualcosa di massiccio ed etereo contemporaneamente. Sarà stato anche merito delle condizioni metereologiche che facevano assomigliare la Polonia a qualche posto sperduto nell’umido Berkshire inglese, ma rimarrà come una delle cose più grandiose viste dal vivo.

3/ Mac DeMarco @ Magnolia
Una serata programmata da tempo per testare finalmente dal vivo la mattità artistica del musicista in questione che finisce col diventare molto presto uno dei concerti dell’anno. Molte sorprese: Mac DeMarco è molto più matto di quello che uno si aspetta, ma soprattutto è molto molto più bravo di quello che uno può immaginarsi. Good boy.

4/ The Notwist @ Off Festival
I soli tedeschi a cui mi sento di portare rispetto.

5/ Spartiti @ Festa del Ringraziamento
Quel giorno in mezzo all’estate che pioveva come al solito, Max Collini e Jukka Reverberi salgono sul palchetto incellofanato della Festa del Ringraziamento e cominciano a suonare. Quando arriva la cover dei Massimo Volume, una dedica speciale a a E che non c’è più da poco, spunta il sole, caldo, ci scalda, ci asciuga, mi scappa una lacrima mentre sorrido.

 

TOP 3 COVER ALBUM

1/ Be Forest, “Earthbeat”
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2/ FKA Twigs, “LP1”
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3/ Rustie, “Green Language”
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TOP 5 COSE SUCCESSE NEL MAGICO MONDO DELL’INTERNET

1/ La Neknomination (quella con Nek!) 
Cioè di come in un pomeriggio invernale più noioso degli altri penso ad una cavolata, la produco, e nel giro di una settimana finisco su Famiglia Cristiana nelle vesti paladino anti-alcolismo giovanile. Tutto allo stesso tempo molte divertente, molto incredibile, molto trash, a tratti pessimo. Ma di sicuro memorabile.

2/ La fanpage Gianni Morandi
Nel 2014 abbiamo scoperto che Gianni Morandi conosce i social network molto meglio di noi tutti. Tutti. Se si vuole fare esagerazioni lucide si può dire che c’è il potenziale per fare di Gianni Morandi il Maestro Manzi 2.0, una guida all’alfabetizzazione digitale degli italiani.

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3/ La Claire e Tofu nel video promozionale di Fotografia Europea 2014.

4/ John Cale un anno dopo la morte di Lou Reed gli dedica una canzone stupenda

5/ Le foto di Samantha Cristoforetti dallo spazio postate su Twitter

 

TOP 5 POSTI STRANI E BELLISSIMI IN CUI SONO STATO

1/ La casa del signor Gozzi, il vecchio proprietario del cinema di Soliera
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2/ Katowice, Polonia
Un posto che se non lo conosci vivi bene lo stesso. Io però ci sono stato e ci tornerei. Un mondo a multivelocità che vive a fasi alterne tra il prolungato disfacimento post-sovietico e l’insensata smania di grandezza a tutti i costi del neo-capitalismo. Un posto senza logica e per questo molto molto affascinante.

3/ Ex Officine Reggiane
Uno dei posti nel mondo che raccontano un sacco di cose pur restando muti.

4/ Chiaverano, A Night Like This Festival
Per una spiegazione sensoriale compressa vedere qui. Invece, più discorsivamente: piccolo paradiso di pace e serenità paesaggistica, sociale e multigenerazionale sulle colline sopra Torino che ospita un festival curato, non troppo grande ma che prova ad esserlo, di ottima ottima scelta e visione musicale. La prossima estate ci si torna.

5/ Sala Biellese, comune partigiano
Paesino abbandonato a pochi chilometri dal piccolo paradiso di pace e serenità paesaggistica sociale e multigenerazionale di cui sopra. Minuscolo agglomerato di casette colorate, abitanti pochi o pochissimi, una sede dell’ANPI, una bacheca comunale per le foto dei matrimoni di paese ovviamente vuota da chissà quanto, cartelli turistici e ci si chiedeva per chi mai, una scritta sul muro che diceva “È l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende“.