TOPS, “Picture You Staring” (Arbutus, 2014)

Si esce vivi eccome dagli albumanni Ottanta, e i TOPS ne sono una prova schiacciante. Il loro secondo disco, appena uscito, ha tutto ciò che serve per essere ricordato tra le migliori cose ascoltate quest’anno. “Picture You Staring” rivela infatti un’inaspettata crescita musicale del gruppo canadese: non che non la si prevedesse, ma forse non così repentinamente.

Il loro primo “Tender Opposites” era un dischetto grazioso, pur non rappresentando per l’universo musicale emergente qualcosa di sensazionale: semplice indie pop, un po’ di chitarrine con gli accordi giusti, la voce delicata, qualche furbo ammiccamento vintage. Chi l’ha ascoltato probabilmente fatica a ricordarsi un pezzo in particolare, un singolo tra gli altri, perchè a piacere era piuttosto il disco per intero. In quel primo lavoro insomma ai TOPS mancavano le canzoni vere, qualcosa di memorabile, qualcosa che inducesse al replay più o meno compulsivo.

Dev’essere proprio per questo motivo che i singoli che hanno anticipato l’uscita di “Picture You Staring” sono praticamente perfetti: “Way To Be Loved” è stato il primo, e anche se non ha rivelato particolari evoluzioni del suono è comunque un pezzo riuscito; “Sleeptalker” e “Outside” invece suonano molto più a fuoco di tutte le cose precedenti. In entrambi i pezzi si sente chiara una maggiore cura dei particolari, ognuno dei quali arriva al proprio grado di perfezione: le chitarre di David Carriere suonano più convinte di prima e così la voce così leggera di Jane Penny sa dove potersi appoggiare tra uno svolazzo e l’altro. “Sleeptalker” più che una canzone è un cuscino, con la chitarra dolcissima e la voce languida della Penny a cullarci il sonno per due minuti e mezzo, “Outside” invece suona come uno di quei grandi pezzoni che facevano da colonna sonora ai film d’amore negli anni ’80, con il basso ciccione, lo scintillio discreto della base elettronica, una certa malinconia dorata nel cantato.

In tutto il resto del disco per fortuna le cose non cambiano: “Change Of Heart”, “Superstition Future” e “2 Shy” sembrano arrivare da un’altra epoca, pur suonando attualissime. Questo perché se è vero che la ricerca della rotondità dei suoni tipica degli ’80 è tanto palese quanto innegabile, è vero anche che c’è molto di più. I TOPS insomma non si limitano a soffiare via la polvere da vecchi dischi in vinile, ma ci mettono anche parecchio mestiere: “Picture You Staring” infatti convince proprio per il tentativo riuscito di amalgamare l’atmosfera di quegli anni con quella dei nuovi anni Dieci.

È tutta lì la grandezza del disco: nella differenza tra “familiare” e “già sentito”, “ripetitivo”, “vecchio” che i TOPS riescono a spiegarci bene. Alla fine del disco ad esempio i tre accordi di “Destination” ci ricordano Top Gun e i Berlin che cantano “Take my breath awaaaaaay“, ma poi ci rendiamo subito conto che Tom Cruise è morto da tempo. No?

75/100

(Enrico Stradi)

16 settembre 2014