FUNNY DUNNY, “The Waiting Grounds” (Waiting Grounds Records, 2012)

Mi stanno per cacciare dall’Italia. Non ho commesso reati, sia chiaro, ma lavorativamente parlando, qui la strada è a senso unico. All’estero ci sarebbero mille opportunità, dicono. Magari l’Inghilterra. Magari l’America. Lì hanno anche la cultura musicale, dicono. I Beatles, i Velvet Underground e il sottosuolo che genera talenti. Qui si dimenticano che abbiamo avuto gli Area. Che abbiamo avuto le stelle illuminate e tossiche di Mario Schifano. “Dedicato a…” quelli che parlano a vanvera.

La cultura musicale in Italia è un piccolo germe che si sta ingrossando alla faccia di chi è ancora convinto che qui non esiste nulla. Prendi il sottosuolo, cazzo. Prendi un posto inculato come Avellino. Qualcuno lì avrà in casa un poster dei Cramps? Ne sono sicuro. Voi storcete il labbro e aggrottate le sopracciglia. Dubbi? Allora da dove sbucano i Funny Dunny? Ok, hanno partecipato al Festival Beat di Salsomaggiore, hanno condiviso il palco con i Dirtbombs e i con miei amati Demon’s Claws, ragione per cui avrebbero potuto apprendere un po’ di trucchi del mestiere. Ma basta questo per licenziare una bomba come “The Waiting Grounds”? No, non credo proprio.

Registrato presso gli Inside Outside Studio con la supervisione di membri di Movie Star Junkies e Mojomatics, il secondo lavoro della compagine campana supera aspettative e previsioni perché dal rock’n’roll non chiede praticamente nulla in cambio. Chitarre surf, attitudine rockabilly, garage che aggredisce e che è capace, all’occorrenza, di rifiatare mostrando comunque un’ottima capacità di scrittura. E poi c’è il power pop (mica esiste solo l’Australia miei cari), il soul contaminato con il beat e il country anfetaminico che sbatte sulle pareti (“Why Did I?”) svegliando fantasmi di surf(iana) memoria.

Insomma, avrete capito che io resto qui. Anche solo per trovarmeli di fronte in qualche locale e dimostrare all’ennesimo stronzo di turno che l’inesistenza della cosiddetta cultura rock è l’ennesima bufala campana. Pardon, italiana.

80/100

(Nicola Guerra)

12 novembre 2012

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