Movie Star Junkies + The Intellectuals, Muzak, Roma, 10 novembre 2011

Innanzitutto c’è da gioire per la scoperta del Muzak, finalmente un locale a Roma dove ascoltare r’n’r senza temere di fare la fine dei sorci intrappolati in una fossa tre metri sottoterra. Ci arrivo costeggiando il museo di arte contemporanea alloggiato nell’ex mattatoio fatiscente, in un punto della città in cui si incrociano studenti di architettura, gente vestita per una serata elegante, parcheggiatori abusivi, i frequentatori del vicino centro sociale Ararat e qualche auto parcheggiata lontano dalla vista coi finestrini appannati. Il locale si trova al fianco di un night da movida romana che davanti ha tre buttafuori che da soli hanno più massa muscolare di tutti quelli che trovo intenti a fumare lì a due passi, fuori dal Muzak. In media, gente vestita di scuro e magra come un dopoguerra (con alcune eccezioni, ovviamente).

Dentro ci sono gli Intellectuals, per il check. La sala è una grotta scavata in pratica tra i detriti del monte dei cocci e al lato opposto del palco c’è l’ingresso vetrato sulla strada ed è una sensazione davvero piacevole per chi soffre di claustrofobia (come dicevo all’inizio). Quando salgono sul palco per fare sul serio (alle 23:40, capisco il r’n’r, ma siamo pure in mezzo alla settimana!), i quattro padroni di casa sparano una mezz’ora abbondante di punk-garage sgangherato, con le sue venature synth-psych e un basso spesso tanto così. Ottimi, ma si vede che a suonare davanti agli amici si sono un po’ rilassati. Da rivedere, possibilmente in trasferta a giocarsi il tutto per tutto. Quando poi è il turno dei torinesi, la sala non è veramente piena, ma tutti quanti siamo addossati lo stesso al palco alto una ventina di centimetri come se non volessimo perdere un solo goccio di quello che ci si riversa addosso all’accendersi delle polveri.

A proposito, breve digressione, mi rivolgo a quel tipo alto due metri coi capelli a metà tra Rob Tyner e Caparezza, che se ne stava al centro, a un metro dal palco, a registrarsi beatamente il suo bootleg: ti ho già visto un mesetto fa al Dal Verme quando c’erano i J.C. Satàn e anche là te ne stavi davanti a tutti tagliando fuori mezza sala e costringendo quasi tutti a sentirsi il concerto guardando la tua schiena. Ti costa tanto metterti al lato della sala e far vedere un po’ anche gli altri, come fa anche chi non ti arriva nemmeno al mento come il sottoscritto?

Le polveri, dicevo, accese con la miccia corta e subito deflagrate nella cantina, i barilotti di Pietro Micca usati come candeline per la torta della festa di compleanno di Nicola Caverna. I cinque tirano fuori più orrori che a teatro, violenti come se dovessero saltarti col coltello alla gola e disperati come se avessero troppi peccati sulla coscienza e troppo poco tempo per confessarli tutti, dettano il tempo incessantemente, senza pietà, tirano fuori da un rullante tutto quello che può dare, martoriano le corde delle chitarre. Stefano Isaia si agita, si arrampica sulle spie e poi striscia tra il pubblico, si aggroviglia con il cavo del microfono, batte le mani come uno sciamano e poi sputa la birra a fontana. Ogni tanto si avventa, con la catenina che ciondola fuori dalla maglietta, su un organo arancione con l’etichetta “Jesus é o segredo do meu sucesso” e ne tira fuori stridori acidi e poi letteralmente lo calpesta per la foga.

Ancora più bui dei Twilight Singers e più sporchi dei Grinderman, più esoterici di Om e compagnia bella, fossero anche solo la backing band di un qualunque maudit della canzone americana farebbero mordere la polvere a molti. E invece hanno un repertorio di storie potenti e canzoni dagli sviluppi pazzeschi. Su tutte, forse, quelle dell’ultimo ep “In A Night Like This” sono quelle che fanno venire ancora più sete. Dal vivo sono un’esperienza di perdizione da non perdere, per nessun motivo, blues marcio da balera e punk suonato da gente coi baffi di Gaetano Bresci. Andateli a sentire, ma siete avvertiti: potreste andarvene esasperati con le orecchie che fischiano, uno strano magone e un groppo allo stomaco. Non sono per niente rassicuranti, i Movie Star Junkies, non sono un gruppo da intrattenimento. Sono la notte.

(Lorenzo Centini)

13 novembre 2011

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