Clicca sul titolo per leggere la recensione.
Il quintetto newyorchese supera la boa del secondo disco con pieno merito, riuscendo a cambiare il proprio suono senza snaturarlo (F. Melis)
Per l’occasione i Fucked Up si sono riconvertiti ad un punk rock stradaiolo, luccicante e torrenziale lungo tutti e settantotto minuti di musica (L. Centini)
Colpisce innanzitutto la perfezione della scaletta, che fa sì che “The King Of Limbs” sia un album da fruire come un tutt’uno, tutto d’un fiato. Un monolite. Il susseguirsi dei brani è capace di far immergere proprio nei luoghi in cui vogliono traghettare i Radiohead (P. Bardelli)
Voce da Sinatra-addicted (nel senso di Nancy), synth sbarazzini, campanellini ed evanescenti echi che riportano indietro di mezzo secolo. Costumi ultracoprenti, dolcivite felliniane, le Ronettes (P. Merola)
Il distacco post-romantico e aristocratico di “Burst Apart” scalda quanto l’uguale e contrario coinvolgimento emotivo del capolavoro “Hospice”. Per gusto compositivo, qualità delle canzoni e voce (P. Merola)
I quattro di Sheffield hanno già lasciato le loro orme nella hall of fame del rock inglese, è indiscutibile. E con questo album mettono un ulteriore punto certo alla loro storia (P. Bardelli)
Un disco acquatico, liquescente, un elogio della curva e della superficie, immobile e al tempo stesso senza tregua, pieno di silenzi musicali e vibranti (F. Giordani)
La musica britannica del futuro parte da qui: dal dubstep lungo le galassie elettroniche della rivoluzione silenziosa di James Blake (P. Merola)
Basta mettere su l’ultima superlativa prova della cantante inglese per poter scorrazzare in quei vecchi, grigi ed umidi vicoli lungo il Tamigi (P. Bardelli)
Il nuovo lavoro asseconda un libero fluire di forme barocche, uguali e diverse come il discorso infinito di acque che, dopo lo zampillo iniziale, sanno farsi cascata impetuosa e scrosciante (F. Giordani)
1 Luglio 2011
1 Comment