GALLHAMMER, “The End” (Peaceville, 2011)

Le Gallhammer hanno perso l’apporto di Mika Penetrator e con lei il suo spettacolare repertorio dark-wave a grana grossa che faceva delle tre giapponesi un’anomalia nel metal estremo. Impossibilitate ad approfondire quella particolare versione crust-black metal di Siouxsie & The Banshees che avevano incarnato nel precedente e splendido “Ill Innocence”, hanno quindi tentato un’altra strada più coraggiosa, anche se meno interessante. Dilatare i tempi e sprofondare nelle sepolture drone-doom non è particolarmente originale, dati i tempi, ma vanifica quanto raccolto fino ad ora in termini di lusinghe e ammiccamenti con un pubblico più ampio ed è allora qualcosa di abbastanza vicino a mostrare le chiappe ad un vernissage in una galleria d’arte contemporanea. Certo che, dati i tempi, può capitare che ci siano proprio i SunnO)) a musicare l’evento e ad accompagnare la digestione di tartine e prosecco, ma questo è un discorso più ampio e che tocca solo marginalmente le due nipponiche rimaste.

Quanto ad iconoclastia un disco del genere ha poco da rimproverarsi. Quanto a varietà espressiva ed inventiva segna invece un passo indietro. Poche accelerazioni, lunghe processioni, sonorità grevi e catacombali, non più sulfuree e ambigue come se ci fosse Bernard Albrecht (o Keith Levene) a suonare nei Celtic Frost. Rimane qualcosa della derisione del candore puerile del pop patinato nelle litanie di “Sober”, in un parallelo ideale con Korn, che hanno tirato su un mestiere con le paranoie infantili, e soprattutto con Crisis e Battle of Mice/Made Out Babies, che hanno approfondito invece la violazione dell’innocenza da un’ottica femminile. “Sober” è l’unica vera e propria parvenza di canzone, se non considerate tali le efferatezze black di “Rubbish CG202” e il semplicismo crust di “Entropy G35” (e ne avreste tutte le ragioni).

Vedendo la cosa da un’altra angolazione, Vivian Slaughter ha di sicuro il merito di una prova di oltranzismo rigoroso, che in ottica metal è sempre gradito, e di un buon condensato di psicosi drone di impatto.

Eppure…

65/100

(Lorenzo Centini)

26 maggio 2011

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