LOW FREQUENCY CLUB, “West Coast” (Foolica Records, 2010)

di Nicola Guerra il 24/11/2010

Ci lamentiamo sempre, noi amanti del rock, ogni qualvolta mettiamo piede nelle discoteche cosiddette fighette, della musica oscena che ci viene propinata. Esistono varianti che miscelano la dance, i groove infetti di funk con beat ad alto voltaggio erotico, ma ad alcuni dj queste sonorità non entrano proprio in testa, o forse semplicemente non sono a conoscenza della sottile linea che separa la porcheria dalla contaminazione. Per porre fine a questo scempio, l’etichetta Foolica Records, lancia sul mercato e nelle piste da ballo, il secondo lavoro degli italiani Low Frequency Club, che già avevano colpito nel segno ad inizio 2010 con la riuscitissima cover dei Fine Young Cannibal, “Johnny Come Home” e ancora prima con quella “Girlfriend is Better” dei Talking Heads.
Il gruppo, composto da Yoki (voce, chitarra e tastiere), Giorgi (basso, sampler) e Bonito (batteria, sampler), dopo l’esordio influenzato da certe sonorità elettroniche ai confini con la dancefloor, spinge il pedale dell’acceleratore, rischiando di superare quella sopra citata ipotetica linea di confine, ma si ferma in tempo, facendo di “West Coast” un lavoro fruibile a molti. Con un unico comun denominatore: far muovere il culo. E lo fa in maniera splendida, questo dischetto, che cita involontariamente i Motel Connection in “Clubbing and Girl e Life”, ci catapulta nei club di New York in piena rinascita disco con We Are Wolves e assume connotazioni elettro/pop dal forte appeal commerciale (con la più alta accezione del termine) nella melodia di “Honfleur”. Già vi vedo, scettici come il sottoscritto, con la vostra magliettina dei Ramones, a dimenarvi come pazzi, incolpando l’alcool che vi fa ballare questa musica. Ma non sono i tre Negroni, tranquilli. Sono i vostri neuroni che ogni tanto hanno bisogno di beat imbastarditi, che percorrono la linea tamarra della vostra esistenza. Desiderosa di venire a galla.