GOD HELP THE GIRL, God Help The Girl (Rough Trade, 2009)

Stuart Murdoch è sempre stato un narratore. Fin dagli esordi, ha messo al centro delle canzoni di Belle And Sebastian piccoli frammenti di storie, con un gusto unico nel tratteggiare personaggi e punti di vista. In questo senso l’idea di costruire un film o un musical attorno alla musica di Stuart potrebbe sembrare naturale, ma anche contraddittoria. La levità che contraddistingue le canzoni di Murdoch, la loro capacità di sfiorare le cose e ai sentimenti è quella propria dei racconti brevi, degli acquerelli, non delle opere corpose e compiute. I’m not as sad as Dostoevskij, I’m not as clever as Mark Twain, cantava sornione Stuart in quella piccola autobiografia di Belle And Sebastian che è “This is Just a Modern Rock Song”, e spiegava così il perché scrive canzoni invece di romanzi. Del resto, l’unico tentativo di modellare la musica di B&S attorno a un canovaccio narrativo, per la colonna sonora di “Storytelling”, non aveva avuto grossa fortuna.

Stavolta Murdoch è l’unica mente che regge le fila del progetto multimediale God Save The Girl, prima album e poi musical cinematografico. Non solo si tratta quindi di un progetto narrativo, ma addirittura iper-narrativo: come si sa, la ricerca delle voci/protagoniste femminili è stata condotta attraverso una sorta di talent show sul web, in cui decine di ragazze speranzose hanno inviato i loro gorgheggi davanti alla webcam. L’ha spuntata la moderatamente adorabile Catherine Ireton, a dire il vero già modella sulle copertine per B&S, stella dello show supportata da altre interpreti femminili altrettanto graziose.

I tratti distintivi della musica di God Help The Girl sono la citazione pressochè costante delle girl band anni ’60, in maniera così aperta come probabilmente non avrebbe mai potuto esser nei lavori di B&S, anche nella loro più recenti e solari incarnazioni. I risultati sono spesso deliziosi: “Come Monday Night”, “I’ll Have To Dance With Cassy” sono gioellini di melodia morbidamente adagiata su tappeti di archi sixties, giocate sul filo della malinconia e dei mezzi sorrisi. Chiaramente poi c’è il musical: le voci dei personaggi si alternano in dialoghi, si imbeccano a vicenda ora sbarazzine e malinconiche, come nella svagata “If You Could Speak”, ora incalzanti come in “Perfection As A Hipster” con la vociona suadente del signor Divine Comedy, Neil Hannon.

Se il progetto sembra quindi essere un avventurarsi in nuovi territori per Murdoch, la ragione sociale che gli ha dato lustro è lontana dall’essere dimenticata. Non solo perchè insieme a lui e alle ragazze ci sono Stevie Jackson, Mike Cook e gli altri membri della premiata ditta, e non solo perchè due dei brani erano già presenti in “The Life Pursuit”: alcuni momenti di God Help the Girl sembrano catalizzare frammenti di melodie pescate da vecchi singoli e b-sides di Belle And Sebastian, in una sorta di gioco all’autocitazione. Ascoltate ad esempio la conclusiva “Down And Dusky Blonde” e la vecchia “Take Your Carriage Clock And Shove It”.

È un oggetto peculiare questo God Help the Girl, e si fatica a capire come prenderlo. Come oggetto a sé stante, è contemporaneamente un’opera ambiziosa e minore, compiuta in alcune belle canzoni e abbozzata nel suo voler essere corale (vedremo il film). Rispetto a Belle And Sebastian rischia di collocarsi semplicemente a lato, e finire declassato a side-project/divagazione che ritarda la prossima uscita ufficiale agli occhi dei tanti che la attendono. Forse conviene evitare di masturbare i grilli con queste domande e godersi per il momento un album semplicemente piacevole, a tratti incantevole, da uno dei migliori autori di canzoni pop della sua generazione.

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