JOYCUT, The Very Strange Tale Of Mr. Man (Estragon / PillowCase Records, 2007)

E così fu che i JoyCut mantennero le promesse. Ci avevamo scherzato su nelle news: i JoyCut rivelazione dell’anno, i JoyCut come gli Arctic Monkeys, i JoyCut di qua e di là… alla fine abbiamo ascoltato attentamente “The Very Strange Tale Of Mr. Man” e si è confermata la prima impressione. Ultrapositiva.

Si è al cospetto di una piccola anomalia italiana, uno di quei gruppi esordienti in Fase Gastone, come quelle giornate in cui ti gira tutto per il verso giusto, come una sana e non esasperata euforia da venerdì sera senza dopamenti vari. “The Very Strange…” è uno di quegli esordi in cui tutto torna come una prova del nove: le attenzioni ai primissimi Cure di “Seventeen Seconds” (“Yokono”), le corse nei prati incontaminati dei R.E.M. di “Murmur” (“Plastic City”), due salti perfettamente lineari lungo direttrici senza curve alla Interpol (“Again”). Sono solo puri e piccoli riferimenti, scintille creative che il sottoscritto ha intravisto ma che non bruciano le canzoni, le fanno solo accendere.

Il gusto è un po’ retrò, stile gruppo italiano che sgomita negli Anni Ottanta, ma senza alcuna lacrimuccia per quello che fu e senza alcuna concessione alla celebrazione sterile, che poi ormai dire Anni Ottanta vuol dire tutto e niente, o meglio vuol dire piena contemporaneità: chi è ultimamente che non si rifà, non cita – direttamente o indirettamente – quegli anni?

Il radiocronista della maratona JoyCut potrebbe intravedere un po’ d’affanno solo nel loro cercare (un po’ alla carlona) di essere credibili con l’inglese: non con la pronuncia in sé, piuttosto con l’apparire realmente anglosassoni fino alle midolla. Sarà che personalmente si preferisce chi non si nasconde dietro alla lingua di Shakespeare, sarà che l’italiano è ineguagliabile per chi ha davvero qualcosa da dire, boh, sarà un’impressione come un’altra ma dietro all’angolo dei JoyCut si intravede il loro Prof. d’Italiano che li rincorre e grida loro che sono degli ingrati. Loro scappano, destinazione aeroporto di Bologna/Forlì per un volo low cost con Ryan Air.

Il bagaglio? Melodie malinconiche, ambientazioni più o meno ipnotiche, un libro di favole strane, la spensieratezza di essere in viaggio.

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