FIONA APPLE, Extraordinary Machine (Sony, 2005)

La storia si ripete. Una casa discografica ritiene che un disco abbia scarso potenziale commerciale e ne blocca l’uscita. Era successo a “Yankee Hotel Foxtrot” dei Wilco, uno dei pochi dischi davvero significativi pubblicati negli ultimi dieci anni, si è ripetuto con “Extraordinary Machine”, terzo lavoro di Fiona Apple. Se non fosse stato per la sua insistenza e per le proteste del suo pubblico, il disco avrebbe avuto un futuro incerto. Invece la Epic si è piegata, ha deciso di ripulire “Extraordinary Machine” dalle asprezze e dalle stravaganze contenute nella prima versione prodotta da Jon Brion e lo ha pubblicato sul finire dello scorso anno.

Forse proprio a causa di queste alterne vicende, l’album potrebbe avere un ruolo importante nella musica di questi anni, perché come mai in passato Fiona Apple afferma con forza con la propria ispirazione e riesce ad uscire definitivamente dai canoni della canzone femminile in cui l’industria discografica la vorrebbe relegare. C’è più asprezza e più profondità, più coraggio nel raccontarsi tra queste tracce. Come gli altri dischi dell’artista newyorchese, “Extraordinary Machine” è in gran parte costruito al piano, ma le canzoni hanno una forza inaspettata, quasi volessero mostrare ogni spigolo e ogni cambio di ritmo. E’ arricchito da arrangiamenti ambiziosi, gli archi non sono usati per costruire un delicato sottofondo, ma sono protagonisti dl disco ne evidenziano le fratture, allo stesso modo dei fiati. Si va da un emozionante valzer, “Waltz (Better Than Fine)”, ad una ballata spigolosa intitolata “Not About Love”, in cui gli archi sottolineano il ritmo spezzato. “Get Him Back” e “Better Version of Me” hanno un incedere soul trascinante, mentre “O’ Sailor” torna sui toni delle ballate classiche di scuola Carole King.

Gli arrangiamenti bizzarri riappaiono subito nell’andamento pigro di “Tymps (The Sick in the Head Song)” e negli archi pizzicati di “Extraordinary Machine”, uno degli episodi più bizzarri e affascinanti del disco. In tutto dodici canzoni di un’artista che ha avuto il coraggio di seguire la propria ispirazione fino in fondo. Una rarità di questi tempi.

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