FOUR TET, Everything Ecstatic (Domino / Self, 2005)

E’ una intensa cavalcata lungo le molteplici direttici dell’elettronica “Everything Ecstatic”, il quarto e ultimo lavoro di Kieran Hebden – alias Four Tet – e non poteva essere altrimenti. Variando, sperimentando, aumentando il grado di mezzi espressivi che vengono ad interagire con le macchine, per non essere più etichettato solo come membro della scena folktronica. C’è sempre un’attenzione primaria per i suoni ritmici e le batterie, ma tutti i ciappini possibili ed immaginabili (clap hands, risucchi e chi più ne ha più ne metta) sono funzionali alla base di sangue e nervi di batterie vere campionate. Come a voler umanizzare gli impulsi elettronici che riempiono la materia sonora del tutto, avvicinandosi a certe scelte fatte in passato da Dj Shadow.

Non solo atmosfere claustrofobiche alla Prodigy (“A Joy”), non solo orizzonti pop royksoppiani (“Smile Around The Face”), “Everything Estatic” è anche tempi hip-hop impazziti con fiati liberi jazzati (“Sun Drums And Soil”), lenti drum’n’bass estasiatici (“And Then Patters”) ed eterei scampanellii che paiono una via di mezzo tra un vibrafono e i suoni dei giochini da bar degli anni ’80 modello Space Invaders (“Clouding”, “Turtle Turtle Up”). Four Tet vuole cambiare sempre marcia lungo la direttrice dell’ordine dei pezzi, quasi a voler tirare la quinta nei rettilinei, passare ad una seconda nervosa di una curva per poi godersi una quarta tranquilla da strada secondaria. Certo, qua e là si sente il limite della house, intesa come musica fatta nella propria camera con un pc e poco più, il che fa rimpiangere, per un attimo, registri completi più da gruppo. Ma è destino comune a tutti gli one-man-band indietronici: quello di essere dei guru e degli sperimentatori solitari che – vantaggio e limite – possono fare e disfare quello che vogliono da soli.

Dopo che il precedente “Rounds” (2003) era stato da molti commentatori considerato un punto di riferimento per la musica elettronica, questo “Evertything Ecstatic” aggiusta il tiro cercando diversi ed ulteriori linguaggi. Ci riesce pur cadendo, per la voglia di strafare, in qualche trabocchetto di ipertrofia sonora. La ricerca continua.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *