EPO, Il mattino ha l’oro in bocca (Divert, 2002)

Recensire il primo lavoro discografico del napoletano Ciro Tuzzi, in arte EPO, significa per forza di cose dover partire da due considerazioni. La prima: “Il mattino ha l’oro in bocca” è senza dubbio uno dei migliori cinque dischi, del circuito “underground” italiano, usciti nel 2002. La seconda: EPO ha talento, è bravo, molto bravo.

“Il mattino ha l’oro in bocca” è un album di alternative rock con una spruzzata di elettronica. E’ un disco che – complice la spiccata teatralità di EPO – sa emozionare. Presenta arrangiamenti raffinati e si fa ascoltare tutto d’un fiato. E’ un album triste, malinconico, che richiama, a tratti, i lamenti di Jeff Buckley o quelli di Adam Duritz dei Counting Crows. Insomma, nonostante il sole di Napoli, Ciro Tuzzi ha realizzato un disco che ha il sapore della pioggerellina londinese e la tensione delle città industriali del nord Europa.

L’LP si apre con una canzone lunga sei minuti (!) e dal titolo indecifrabile (“Serie/parallelo”) per poi scivolare su “Amico fragile” di Fabrizio De Andrè, una delle due cover presenti nel disco. Alle prese con una delle canzoni più difficili del cantautore genovese, EPO dà sfoggio delle sue doti: ottima teatralità ed un cantato ispirato. La veste sonora minimale del brano ricorda le produzioni dei Portishead, ma è solo un vago retrogusto che non infastidisce.

Con “Eritropoietina” (la sostanza dopante conosciuta nel mondo medico con l’abbreviativo di Epo) si entra nel vivo del disco. Il brano è arrangiato in modo convincente, la batteria è puntuale ma mai troppo invadente ed il ritornello è carico di tensione: Come vedi io sono ancora in piedi \ Ora sei qui \ Ora è chiaro \ Ora vedo avanti a me con tutto il male necessario \ Ma io non ho più paura \ No, non ho più paura di te.

La rabbia di “Eritropoietina” si scoglie nei 2 minuti e 43 secondi di “Sete”, la ballata del disco: brano delicatissimo, che ruota prevalentemente attorno ad una chitarra acustica e ad un testo ancora una volta pregevole: Bevi, solo dai miei rami \ Le mie dita sono chiodi \ Chiodi fissi in fondo al tuo cuore \ Un cuore livido e assente, come miele.

“Sete” potrebbe essere un buon singolo, anche se “La strategia del mare” ha apparentemente connotati più marcati in quest’ottica, non foss’altro per l’energia post-grunge che sprigiona e per l’arrangiamento aggressivo.

La seconda parte del disco per certi versi è meno omogenea della prima, ma non delude e presenta una lunga suite strumentale (“Il mattino ha l’oro in bocca”) che sa vagamente di Pink Floyd e di Nine Inch Nails epoca “The Fragile”.

Il disco ha anche due brani in dialetto napoletano (“Tu nunn’ o’ ssaje” e “Core”): entrambi i pezzi meritano l’ascolto prolungato, anche se la sistemazione così vicina gli fa perdere qualcosa, forse sarebbe stato più sensato sistemarli qua e là nel disco. L’ultima traccia è “Anna”, celebre canzone scritta da Mogol ed interpretata da EPO con una teatralità davvero di alto profilo. L’abito sonoro è molto diverso rispetto alla versione originale: ritmi rallentati, che quasi si trascinano a fatica sulle parole. Classico del repertorio italiano riletto in chiave trip-hop.

In conclusione: “Il mattino ha l’oro in bocca” è un LP convincente, forte del lavoro alla produzione ed agli arrangiamenti dello stiloso Mario Conte. Anche dal punto di vista grafico e del booklet, l’album di Ciro Tuzzi è interessante: poche immagini, ma molto intriganti; pochi colori, ma ben dosati fra loro. Insomma, un disco a cui è difficile muovere delle critiche: provateci voi…

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