MUSE, Hullabaloo (2 CD, Mushroom Records, 2002)

“Showbiz”: come andava interpretato il titolo del primo disco dei Muse? Virginale grido di ribellione o sorniona ammissione di correità?

Ad ogni modo i tre inglesini del Devonshire dopo soli due album alle spalle hanno già compreso perfettamente quanto sia proficuo rovistare nella soffitta di una pop star e riportare alla luce ricordi di famiglia più o meno di valore. Ne è una piena testimonianza questo “Hullabaloo”, doppio album da cui i fan possono attingere a piene mani tutte le emozioni e le vibrazioni che questo gruppo è in grado di offrire.

Certo, per molti forse non si tratterà di una scoperta. Il primo disco è infatti composto interamente da B sides che certamente gli ammiratori più fanatici possiederanno già. Per i fans più “tiepidi” è invece una buona occasione per sbirciare nei cassetti di un gruppo che ha fatto di un imponente impatto sonoro e di un pathos emozionale portato agli estremi il proprio marchio di fabbrica; alla faccia anche di quelli che continuano ad accomunarli ai Radiohead.

Purtroppo (o fortunatamente) i legami con i Radiohead si riducono ad una certa “affinità interpretativa” tra il “Kid A” Thom Yorke e Matt Bellamy, che tratta la propria voce come una corda di violino tesa tra due macigni in caduta libera. I Muse sono decisamente più “rock”, con tutti i limiti che questa etichetta comporta; limiti soprattutto dal punto di vista compositivo. E in “Hullabaloo” questi limiti affiorano a galla come inquietanti cadaveri.

Il primo disco contiene pezzi effettivamente non degni di essere relegati a mere B sides; in questi brani troviamo infatti tutto lo stile Muse: canzoni spinte al massimo, compresse tra suoni di chitarra tuonante, rivoltate più o meno sugli stessi giri armonici: accordi maggiori che portano alla tensione massima, per poi sciogliersi in un catartico minore foriero di indicibile disperazione. Quanto durerà questo giochino? Anche pezzi non eccelsi come “Map of Your Head” o “Shine” vengono salutati come una boccata d’aria fresca, oltre che per i suoni acustici, anche per la ricerca di armonie diverse dal solito.

Il secondo disco è tutto dedicato all’attività live del gruppo. Il concerto, registrato a “Le Zenith” di Parigi, raccoglie i brani tratti da “Showbiz” e da “Origin of Symmetry”, più due singoli, “Dead Star” e “In Your World”. E qui verrebbe da sperare bene per il futuro. Forse meno melodrammatici e sofferenti, i Muse in questi due brani danno prova di una pura e genuina vena rock. “Dead Star”, con la sua alchimia di furore e delicatezza, e “In Your World”, con il suo riff baroccheggiante in stile heavy metal anni ’80 sono canzoni decisamente riuscite. Un augurio per l’avvenire e un dono inestimabile per i fans.

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