CESARE BASILE, Closet Meraviglia (Viceversa/ ExtraLabels, 2001)

Negli anni della presunta nascita del nuovo rock italiano, Catania venne, non a torto, indicata come la nostra Seattle. Battiato e i Denovo ad aprire la strada, e tante nuove realtà più o meno nascoste: non solo Carmen Consoli e l’etichetta Cyclope, quindi, ma anche gli Uzeda (accasatisi alla Touch and Go, con la benedizione di Steve Albini) e Amerigo Verardi e tutte le varie band a cui ha dato vita.

Cesare Basile si muove in questa realtà vitale dagli anni ’80, con gruppi semisconosciuti come i Candida Lilith o i Quartered Shadows; questo “Closet meraviglia” è la sua terza prova da solista, ed è senza dubbio uno dei migliori dischi italiani del 2001.

Una musica fascinosa come le foto di donna in bianco e nero della copertina; note che sanno di alcool, di tabacco, di lenzuola sgualcite, una perfetta colonna sonora di un noir anni ’40. Un suono povero e scarno, ma incredibilmente affascinante, che al vigore elettrico del puro rock preferisce atmosfere jazzate, una ritmica sempre in primo piano, sorprendenti inserti di fiati (l’onnipresente Roy Paci e Hugo Race, ormai stabilmente a Catania dopo aver lasciato i Bad Seeds) e archi d’atmosfera, orchestrati dall’ex- Dead Can Dance John Bonnair.

Un disco non immediato ma bellissimo, senza cali di tensione o inutili riempitivi, magistrale soprattutto nelle quattro canzoni centrali dell’album: dalla nervosa e martellante “Nostra signora dei coltelli” alla sensualità innocente de “La suonatrice di hammond”, passando per la meravigliosa “Lo spazio tra di noi” (tra Capossela e i La Crus privi di ogni velleità modernista) fino al lungo finale da big band che sigilla “Tra il tuo corpo e la cena”.

Colpevole solo di una certa ripetitività d’atmosfera, “Closet meraviglia” rimane comunque un’opera validissima, creata da un artista che continua ad essere colpevolmente sconosciuto. Un disco che si colloca esattamente al centro di un cerchio disegnato da Massimo Volume (ospiti nel brano conclusivo), La Crus, Cristina Donà, Vinicio Capossela e Marco Parente. Da avere, e da ascoltare al buio, in silenzio, di notte, quando fuori piove.

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