SUBSONICA, Amorematico (Mescal, 2002)

La sintonia cattura di nuovo le frequenze di Torino. Quella città gelida dalle tinte fosche, ma che racchiude sotto strati di ferro e cemento pulsazioni accelerate il ritmo di una sperimentazione che non conosce genere, che contamina e si contamina in un flusso ininterrotto di esperienze. Un panorama che i cinque subsonici hanno ben presente, vivendolo giorno per giorno dal rientro alla base a conclusione dell’ultimo lungo tour. Inevitabile, dunque, che la nuova creatura “Amorematico” sia figlia di questa realtà, un virus emozionale che dopo il contagio rivela la potenza degli stati d’animo che trasporta.

Già “Nuvole rapide”, singolo di lancio presente nella colonna sonora del film “Santa Maradona”, un po’ profetica lo è stata: nella sua collaborazione con il dj Roger Rama (animatore tutt’altro che indifferente della notte torinese), ma anche nel suo contrapporsi di atmosfere eteree e frenetici tempi in sette quarti, inquieta e graffiante. E il disco nella sua pienezza è una vera e propria visione dei tempi che corrono, filtrati attraverso l’obiettivo subsonico: nei contenuti, visti gli inevitabili stimoli esterni captati da oltre oceano e da casa nostra, così come nelle musiche che fanno proprie sonorità attuali eppure già consolidatesi a tradizione, parlando di personaggi come Air o Chemical Brothers. Gente che del resto è passata dallo stesso studio, l’Exchange di Londra, presso il quale l’album è stato definitivamente rimescolato.

Nascono così piccole scintille come “Sole Silenzioso”, dove persino le parole sembrano farsi musica in una sorta di gioco onomatopeico che fonde suono e poesia, ed “Albascura”, uno schiaffo di realtà che si rifà più di tutte le altre tracce all’originale impronta subsonica. Tra contrapposizioni e sentimenti in corsa, “Gente tranquilla” è il luogo comune dei telegiornali della sera che si insinua nella testa e si fa cruda riflessione, mentre la cibernetica “Dentro i miei vuoti”, sorprende per l’improvvisa rivelazione di un caldo cuore umano. Non mancano momenti in cui la voglia di individualità prende il sopravvento, e certo la primordiale esaltazione della fisicità di “Mammifero” ed il contorcersi di onde cerebrali imprigionate in una “Nuova Ossessione” (scritta in collaborazione con quei Krisma che fermi non ci sono mai saputi stare), ne sono un portabandiera. In questo modo scorrono le sfumature del nuovo lavoro dei Subsonica, fino a rapire l’ascoltatore nell’ipnosi finale degli “Atmosferico”.

Un lavoro che, strato dopo strato, si rivela e contagia invadendo il silenzio, fino a trasformarlo in una nuova dimensione.

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