THE CURE, Japanese Whispers (EP, Fiction Records, 1983)

Nell’ottobre del 1982 Chris Parry, visionato il materiale inedito dei Cure, decide di far uscire come singolo il brano “Let’s go to bed”. Nonostante la riluttanza di Smith, che considera il pezzo troppo pop e lontano dallo stile ormai consolidato della band, la canzone esce sul mercato andando incontro ad un sonoro fallimento. Robert Smith, sfiduciato sulle sue capacità di compositore, decide di chiudere il capitolo Cure, tra l’altro menomato da qualche mese dall’allontanamento dal gruppo di Simon Gallup. A sorpresa nel luglio del 1983 esce un altro singolo a nome Cure, “The Walk”, composto da Smith e Tolhurst. Seguono altre uscite, che spingono la band a pubblicare, nel novembre 1983, un EP con otto brani, a testimonianza perpetua del difficile momento attraversato.

Viene così alla luce “Japanese Whispers”, che segna un punto di svolta nelle sonorità del gruppo: il primo brano è proprio “Let’s go to bed”, che ripropone un perfetto pop anni ’80, divertente e sorridente canzone d’amore. Sulla stessa falsariga si assesta anche “The Dream”. Ormai il gioco sonoro dei Cure si basa quasi totalmente sul basso e sulle tastiere. Un’irruenza particolare traspare da “Just One Kiss”, più vicina al vecchio repertorio, subito spazzato via da “The Upstairs Room”, altra canzone d’amore (“I don’t think I can love anyone but you”), altro brano pop. Neanche “The Walk”, uno dei brani migliori, si discosta da questa nuova linea compositiva, sicuramente più accessibile al grande pubblico. Un pianoforte swing accompagna l’attacco di “Speak my language”, mentre le tastiere tornano a farla da padrone in “Lament”, che cerca di raccordare il nuovo suono con il vecchio repertorio dei Cure, producendo un effetto straniante sul resto dell’album.

A chiudere questo EP arriva il vero gioiello, ovverosia “The Lovecats”, altro brano swing interamente composto da Smith, che lo canta con un’ironia leggera e tenera, mentre il basso e la batteria seguono il ritmo con divertita partecipazione. Il ritornello è di un allegria trascinante, e l’intero brano rimanda un’immagine nuova del gruppo, spesso accusato di deprimere il suo uditorio: a contatto con un terreno pop più vicino ai gusti della massa i Cure non si svendono, pur perdendo ogni tanto la lucidità. Ma questo è ovvio, tra l’abbandono di una linea espressiva oramai conclamata e la ricerca di un nuovo punto d’appoggio Smith & Co. devono ancora trovare il punto di unione. E questa, come ogni raccolta che si rispetti, può essere solo l’abbozzo di un progetto più ardito.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *