PROCOL HARUM, Procol Harum (Westside Record, 1968-2001)

Una melodia rubata a Bach, un meraviglioso Hammond suonato da Matthew Fisher, il testo onirico ed ermetico di Keith Reid, la voce potentissima e languida, come un Percy Sledge in preda ad un attacco di raucedine, di Gary Brooker; la somma di questi fattori produce uno degli hits più grandi della storia, “A whiter shade of pale”, pezzo epocale uscito nella fatale Summer of Love del 1967. Pare che perfino gli indigeni del Borneo ne abbiano fatto una versione per sole percussioni…

In verità, questo immenso 45 giri non era presente nell’LP originario, il quale fu edito l’anno successivo senza avere, per inciso, molta fortuna commerciale. Prima di uscire con il loro 33 di debutto, i PH avevano lanciato un altro devastante hit, “Homburg”. La direzione musicale seguiva naturalmente l’impronta del miliardario predecessore, con l’organo in evidenza ed una maggiore staticità dovuta ad un certo compiacimento. Ce ne fossero comunque di canzoni come “Homburg”, bellissima ed emozionante, resa celebre in Italia dai teneri Camaleonti col titolo “L’ora dell’amore”. In questo Cd riedito e rimasterizzato dalla Westside possiamo trovare i due celebri pezzi ed altre bonus tracks, oltre ovviamente al nucleo centrale del primo album, certo non all’altezza dei due titoli citati, ma assai importante nel confermare i Procol Harum fra i capostipiti di un certo pop di gusto barocco e già vagamente progressive, genere che di lì a poco strariperà in diversi rivoli con i vari Nice, Yes, King Crimson, Caravan, etc. Il trio iniziale – Conquistador”, “She wandered through the garden fence” e “Something following me” è assai godibile e qua e là spuntano inaspettati divertissement come “Mabel” e “Good Captain Clack”, angoli di divertimento in un impianto sonoro piuttosto serioso. Ritornando alle bonus, da segnalare anche le ultime tre tracce, presenti in differenti versioni nel successivo “Shine on brightly”, ed un blues al fulmicotone, “Lime Street blues”. Originariamente presentata come lato B di “A whiter shade of pale”, essa è un’ottima testimonianza delle radici R&B/soul di Brooker come leader della cover band dei Paramounts.

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