BENT, Programmed To Love (EMI, 2000)

La musica elettronica per tutti. Un easy listening, e una promessa. L’elettronica può sposare la melodia, e non appassire. Il primo ascolto è per capire un po’ di Bent-style. Una musica innovativa, nel senso di originale, ma nient’affatto ostica. Tanti giri di chitarra, tanto vocalism femminile, e per carità anche tanto synth. La natura chill fluttua tra invenzione e “mix culture”, ma difficilmente troverete qualcosa di già sentito. E non avrebbe senso. L’efficenza del progetto Bent (Simon Mills con Nail Tolliday) sta nell’usare la musica, giocarci, plasmarla, senza violentarla.
Entra bene, “Programmed To Love”. Si ascolta bene insomma. E intanto dispiega il suo piano. La sua invenzione, le scelte. Ho visto che da più parti è stata definita “elettronica pop”. Vero, ma con tutte le precisazioni qui sopra. “Pop” non perché campiona e remixa il pop-rock. E’ pop perché prende suoni familiari, comuni, e li dà in pasto alle macchine del suono sintetico. Niente di nuovo, fin qui. Il prodotto finale però è ben fuori dal comune. Perché alla fine del processo il brano sa ancora del suono originale. Non sa di macchina… Okay, sapete quando i cuochi vi insegnano che il vero maestro, in cucina, non è quello con le ricette più geniali? Oddio, non solo. Però il maestro dei fornelli in realtà è quello che cucina e cucina, ma in tavola il piatto ha conservato i sapori originari. Senza che siano accavallati, o abbruttiti di spezie… Il Bent pensiero sta tutto qua. In questo rispetto per l’integrità del suono, cucinato in ricette semplici ma intriganti. Da gustarsi preferibilmente in compagnia.

Il singolo è “Swollen”. Ottima scelta, ma qua c’è di meglio. Lo standard è talmente alto che rischierei di duplicare la track list. Quindi vi segnalo solo le chitarre di “Cylons in love” e i due “Exercise”. E “Invisible Pedestrians”, e “Irritating Noises”, e…

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