THE BEATLES, 1 (EMI Parlophone, 2000)

L’ennesima antologia celebrativa del mito dei Fab Four si può analizzare sotto due diversi punti di vista. Il primo, chiamiamolo pedagogico, è quello che mira a sottolineare l’importanza culturale dell’avvenimento, teso a rinnovare e rinverdire l’interesse verso uno dei più grandi fenomeni della storia della musica. Un recente sondaggio effettuato in Inghilterra presso fasce giovanili (dai 14 ai 20 anni) ha rivelato che metà di questi non sa chi è George Harrison; sembra che qualcuno abbia risposto “…è l’insegnante di matematica del mio amico Keith…” o “…forse era quell’ala destra che giocava nello Stoke City negli anni ’80…”. Insomma, un vero disastro, per lo più nella patria dei Baronetti. Quindi, sembra ovvio che i 27 bestsellers presenti in “1” siano altrettante lezioni di storia, pronte ad esercitare l’ennesima seduzione verso l’ignoto ascoltatore. Il secondo punto di vista è purtroppo quello cinico-commerciale, che questa volta vede impegnati in prima persona proprio i Beatles rimasti e la vedova di John. L’uscita dell’antologia segue di pochissimo quella della biografia “definitiva”, anch’essa curata dal Macca e soci. Il battage pubblicitario è immenso e le vendite stanno rispondendo di conseguenza. Spero almeno che Harrison racimoli i pounds per pagare i suoi avvocati impegnati nel processo contro l’uomo che tentò di pugnalarlo e che Ringo possa regalare una Ludwig nuova a suo figlio Zak, impegnato a sfasciarne in quantità durante il tour con gli Who. Mc Cartney fattura già come la British Airways e speriamo dia tutto in beneficenza.
Le tracce presenti in questo lunghissimo Cd sono stranote, tutte Number One negli UK ed in America (come da classifiche di Record Retailer e Billboard). Si parte dal loro storico primo singolo, “Love me do”, il quale raggiunse il top solo qualche tempo dopo la sua uscita, seguendo l’inerzia del successo mondiale ottenuto con “She loves you” e “I want to hold your hand” (il loro singolo più venduto in assoluto). Spiace che manchino “Strawberry fields forever”, “Revolution” e “Rain”, eccezionali doppi lati A al pari delle presenti “We can work it out” ed “Eleanor Rigby”, ma la durata del Cd è già ai massimi storici. Per chi avesse completamente arato le antologie rossa e blu e non volesse lasciare due giorni di stipendio ricomprandole in versione Cd, questa è l’occasione giusta. Per chi ha la fortuna di essere nella fascia del sondaggio inglese, questa è l’occasione giusta. Per chi, all’ennesima rimasterizzazione, può finalmente pensare di sentire quel ruttino di Ringo nascosto tra le pieghe del feedback di “I feel fine”, questa è l’occasione giusta. Per tutti gli altri, lasciate perdere.

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