A Guy Called Gerald, Maffia, Reggio Emilia (2 dicembre 2000)

di Luca Paltrinieri

Sabato sera al Maffia è andato in scena Gerald Simpson, un personaggio che ha cavalcato da protagonista la storia della musica dance, dal periodo dei raves, all’acid house e quindi al drum’n’bass. Il suo album precedente all’ultimo “Sensation”, uscito quest’anno per la “Studio K7”, risaliva al 1995 (“Black Secret Technology”, Juice Box, 1995) negli anni d’oro della jungle.

Dopo cinque anni A Guy Called Gerald è tornato con un nuovo album (“Essence”), che secondo la stampa specializzata rinnova la formula del drum’n’bass unendolo alla struttura della canzone, a brani cantati. Di fronte a lui, che rimane dietro la consolle, infatti comparivano due vocalist, il fratello di Gerald e una avvenente fanciulla di colore. La voce del fratello Simpson è apparsa sotto tono rispetto a quella della controparte femminile; non è un caso, probabilmente, che i brani più convincenti siano stati quelli dove cantava lei. I pezzi che vedevano Gerald all’opera da solo strizzavano l’occhio all’hard core, con ritmi piuttosto martellanti, suoni taglienti come lame e bassi allungati torcibudella. L’esibizione è durata piuttosto poco: iniziata all’una precisa, poco dopo le due era già finita, e i tre si sono messi a ballare con il resto del pubblico la musica proposta dal Maffia Sound System.

I pezzi migliori della serata avevano qualche coloritura techno, oppure i ritmi si ponevano lievemente a latere rispetto a quelli tipici del drum’n’bass che più frequentemente capita di sentire in questo periodo, con scansioni e accenti più originali, come ad esempio nel primo pezzo cantato dalla notevole voce femminile, con un ritmo puramente tecnologico, ma che ritrovava elettrizzanti echi tribali.