TIMORIA, 2020 Speedball (Polydor, 1995)

Coraggioso. Questa la prima sensazione al termine dell’ascolto; il precedente “Viaggio senza vento” era stato un successo, ma qui ne siamo lontani per scelte musicali e testuali, coraggio di essere artisti sempre in evoluzione quindi; coraggio anche nelle sonorità adottate, lontane da altre eminenze “rock” nostrane: Vasco, Liga, Litfiba. La band bresciana opta per suoni decisamente più metal ed elettrici, e nelle canzoni le varie influenze sono ben riconoscibili: i Soundgarden per la title-track “2020”, il punk scarno ma rapido di “Weekend”, cui fa da contraltare la voce dall’intonazione scocciata di Renga, e quello più pieno e dall’energia quasi stanca di “Sudamerica”, i Pantera per la parte finale di “Europa 3”, il cui inizio sembra essere figlio di “Shine on you crazy diamond” dei Pink Floyd, gli Antrhax per “Guru”, con un eccezionale assolo di chitarra di Pedrini, sintomo di come i talenti di questo strumento sono anche qui da noi…
Influenze parecchie quindi, ma filtrate dalla saggezza e sensibilità musicale dei Timoria; questo fa sì che l’album possieda una sua, e grande, personalità, con canzoni di ottima fattura, sia per costruzione che per come sono suonate: la band dimostra una grande coesione musicale ed anche individualità tecniche da non sottovalutare. Ma la caratteristica principale di questo disco è comunque la spigolosità, la durezza del suono, molto più aspro e secco rispetto a prima, fino a divenire meccanico in “Dancin’ queen”, titolo rubato agli Abba ma lontano dalla leggerezza “disco” di quel pezzo; nell’omonimo brano dei Timoria vi è uno zibaldone sonoro di dance, techno, percussioni etniche e chitarra nervosa. Personalmente credo che questo sia il vero “manifesto” della cultura musicale del gruppo lombardo, una canzone energica e non facile, che richiede più di un ascolto. Due brani si discostano dagli altri: uno è “Senza far rumore”, splendida ballata ove si esalta la voce di Francesco Renga, retta da un arpeggio della sei corde delicatamente storpiato dal pedale wah-wah; l’altro è “Boccadoro”, malinconico, e senza la tensione sonora che pervade il resto dell’album, più vicino a “Viaggio senza vento”.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *