MAN OR ASTRO MAN?, Spectrum Of Infinite Scale (Touch & Go, 2000)

Forse non si può parlare di “easy listening”, ma è certo che gruppi come Man or Astro Man? pare che si stiano dirigendo verso una “decanzonizzazione” della canzone, una sorta di smitizzazione del brano musicale, inteso tradizionalmente come discorso coerente e completo, trasformato in pura atmosfera, “groove”.
Questo “Spectrum of Infinite Scale” sembra andare oltre i riff surf superriverberati degli album precedenti; le chitarre si fanno più dure, la batteria più pesante e profonda, e l’ultimo legame con il genere umano, la voce, scompare totalmente. Certo questo disco ha la capacità di spiazzare l’ascoltatore per il suo impatto diretto e per la sua sostanziale semplicità strumentale; molti gli oscuri suoni di provenienza ignota, molti i tritissimi cliché delle voci fuori campo, volti ad imbastire questo pretenzioso discorso ipertecnologico, ma ciò che rimane al di là di tutto è una piacevolissima sequenza di momenti musicali, in bilico tra uno speed rock suonato con l’entusiasmo di una band di ragazzini incazzati (“Song of the Two-Mile Linear Particle Accelerator…” è uno dei più riusciti esempi in questo senso) e un pre-beatlesiano surf che fa tanto Martini (come “Within One Universe There Are Millions” o “Obligatory Part Song 2…”), il tutto elaborato con un piglio decisamente accattivante. E se fino a questo momento abbiamo trovato a tratti scomoda l’ostentazione di mostrarsi “cyber” a tutti i costi, ci inchiniamo di fronte a quello che rappresenta un monumento del feticismo uomo-macchina: “A Simple Text File” è un brano costituito esclusivamente dal rumore di una stampante ad aghi, modulato in modo tale da produrre vera e propria melodia.
“A Spectrum of Infinite Scale” è un album decisamente interessante. Nonostante le sonorità futuristiche, i tentativi rumoristi (come la conclusiva “Multi-Variational Stimuli Of Sub-Turgid…”, autentico carnevale cacofonico che nulla aggiunge e nulla toglie al discorso complessivo) e l’idea di canzone presa ad accettate, paradossalmente questo lavoro ha qualcosa di genuino ed immediato; ciò lo colloca irrimediabilmente nel filone del rock più classico.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *