NICK DRAKE, Pink Moon (Island, 1972)

Nick Drake aspettò due anni prima di ripresentarsi al pubblico, dopo l’uscita di “Bryter Layter”, con questo “Pink Moon” nel 1970. C’è da chiedersi quali fossero i suoi sentimenti dopo un altro disco rimasto nel dimenticatoio, dopo aver visto infrante le speranze di successo e soprattutto dopo aver constatato come tutti gli sforzi fossero stati vani. Quando decise di rompere il silenzio, l’artista inglese lo fece con il suo disco più diretto e scarno.
Nient’altro che Nick, la sua voce e la sua chitarra. Nient’altro. Non ci sono più le orchestrazioni di Rober Kirby, non ci sono altre chitarre, basso, batteria o fiati, soltanto poche note di piano suonate da Nick Drake stesso che accompagnano il brano che apre e dà il titolo al disco, l’evocativa “Pink Moon”.
Accanto alla consueta grazia di pezzi come “Which Will” o come la conclusiva “From the Morning”, compaiono brani meno lineari, quasi frammenti incompleti, schegge di melodia, “Ride”, “Harvest Breed” o il brevissimo strumentale “Horn”. E affiora, in “Parasite” e in “Know”, un’amarezza profonda, un senso di distacco dalla realtà che prima era soltanto accennato.
Così accade anche nelle due canzoni più riuscite del disco.
La splendida e sofferta “Things Behind The Sun”, “Le cose dietro il sole”, splendido racconto su Nick e il mondo che sta intorno a lui, sulla sua solitudine e la sua sofferenza. Un gioiello acustico per chitarra e voce. E poi l’apparente tranquillità con cui si distende “A Place To Be”, in cui si rivela l’inquietudine di un uomo che sta crescendo ed è alla ricerca di un “posto in cui stare”.
In forza della essenzialità delle canzoni, che le rende così intime e profonde, “Pink Moon” è un lavoro breve ma eccezionalmente intenso. E forse finisce per essere il più bello tra i dischi di Nick Drake.

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