BOB DYLAN, At Budokan (Columbia, 1979)

Generalmente non è mai stato molto amato. Al massimo lo si considera un discreto live, non sicuramente fra i migliori del vecchio Bob. Ma date retta a me, che in fondo posso considerarmi un profondo conoscitore della musica di Dylan. Il suo “live” registrato a Tokyo non è solo un bellissimo disco: è anche uno dei migliori live in assoluto che mi sia mai capitato di ascoltare.

Posso essere un po’ di parte, lo riconosco: questo è un disco (nel vero senso di disco, 33 giri intendo) che mi ha accompagnato a partire da quando ho iniziato ad ascoltare della musica con la M maiuscola. Esso faceva infatti parte della dotazione di LP dei miei genitori, con la quale posso realmente dire di essermi “fatto le ossa”. Ora ho il mio bravo compact, ma le emozioni restano sempre le stesse. Ogni disco dal vivo di Dylan fa storia a sè, dal momento che l’artista ama fare, rifare e disfare costantemente il suo repertorio. Nel nostro live i brani, anche quelli più “destrutturati”, risultano sempre incisivi.

Il repertorio è quanto mai ricco (Bob era alle soglie della sua “sbornia mistica” e aveva appena pubblicato alcuni album bellissimi che rinverdivano i fasti degli anni ’60). Il sound molto carico è prodotto da una band piuttosto numerosa che, bisogna dirlo, suona veramente bene.

Personalmente ho trovato sempre strepitosi i duetti vocali (ce ne sono diversi) fra la voce di Dylan e quella delle tre coriste: un rapporto costruito magistralmente su uno sfasamento provocato dagli anticipi e dai ritardi del cantante, mai “seduto” su un’interpretazione lineare.
Movimentano poi il tutto certi curiosi ritmi reggae, che affiorano qua e là.

Canzoni da ricordare? Quasi tutte: alcune formalmente perfette (“Mr. Tambourine Man”, “Shelter from the Storm” e “Like a Rolling Stone”); altre profondamente struggenti (“One More Coffee (Valley Below)”, “Blowin’in the Wind” e “Forever Young”); altre ancora urlanti violenza (“Maggie’s Farm” e “It’s all alright Ma (I’m only Bleeding)”). La perla? Forse una “Ballad of a thin Man” che lascia veramente il segno.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *