SUBSONICA, Microchip emozionale (Mescal, 2000)

C’è un suono strano che serpeggia tra i locali notturni dei Murazzi, che graffia ed accarezza, che si muove sospettoso per l’Italia coinvolgendo senza scampo chi lo incontra. Viaggia fino ad un palcoscenico, quello di Sanremo, festival della canzone, delle polemiche e della diretta televisiva.
Ed è proprio questa che lancia il suono in questione nelle case di milioni di italiani. Loro sono i Subsonica e questo è “Microchip Emozionale”, seconda opera dei torinesi Samuel (voce), C-Max (chitarra e programmazione), Boosta (tastiere, campioni e programmazione), Pierfunk (basso, sostituito poi da Bass Vicio) e Ninja (batteria).

E’ la minitraccia “Buncia” ad aprire la strada per la prima canzone,
“Sonde”, traduzione in musica della rarefatta sensazione che si prova quando ci si perde tra i palazzi di una grande metropoli, quando si vede la propria immagini riflessa negli obiettivi di migliaia di telecamere: è l’ombra del Grande Fratello proiettata su ognuno di noi. Ed inizia il viaggio.

Il ritmo si riscalda decisamente con le due tracce successive, e
l’universo Subsonica irrompe. Un secco no al vittimismo e all’accettazione passiva dei soprusi, alle scuse, agli inganni. “Colpo di pistola” è diretta e sincera, una decisa presa di posizione, quella di chi è stanco di subire.
Meno esplicita, “Aurora sogna” si snoda elegante nelle distorsioni e riff di tastiera. Enigmatica e tecnologica, i suoi suoni metallici racchiudono un’anima profonda, un sogno di miglioramento. Ma anche un isolamento profondo, un rapporto difficile con una società dove a dettare legge è una “isterica morale”.

Tuttavia, l’universo Subsonica non è solo voglia di gridare. “Lasciati”
ne è un esempio: nostalgica e per nulla melensa ballata, costruita su parole d’addio accompagnate da una malinconica chitarra e da archi campionati, è un passato che non si può cambiare, un futuro già ben troppo chiaro. Ne “Il cielo su Torino” la dolcezza delle parole è cullata da un docile groove, e gioca con il contrasto tra voce filtrata e non.
Il funky della chitarra di Max Casacci dona altri colori a questo mondo
ed apre “Strade”, pezzo posato, dalla struttura testuale ben equilibrata, che sorprende nella parte finale aprendosi su di una buona prova vocale di Samuel e chiudendosi in un’atmosfera surreale creata alle tastiere.

Ed in questa rielaborazione made in Italy di sound provenienti dall’estero, un pensiero va al pregio della lingua inglese: la ritmica.
Eppure anche i nomi di psicofarmaci, ripetuti in rapida successione e con una certa intonazione, non suonano poi male. E’ questo il caso di “Depre”, che su di una base degna della migliore disco di fine anni Settanta propone un nuovo modo di… scrivere ritmo. Così come “Perfezione” concepisce un modo tutto nuovo di esprimere il sentimento, tra campionamenti acidi, voce distorta e voglia di urlare. All’alba del Terzo Millennio, la rima “cuore/amore/fiore” è roba vecchia: ora “ormoni cromosomi reazioni cellulari, mi parlano di te”.

L’album propone inoltre tre collaborazioni e “Liberi tutti”, ospite Daniele Silvestri, è la prima a presentarsi. Il sound graffia, il ritmo incalza come in un vortice e già ci si sente cantare a squarciagola il ritornello di fronte al palco. Un brano che si spiega tutto da solo, a cominciare dal titolo, e che raggiunge la sua espressione in “da tutti quelli che inquinano il mio canto, io mi libererò perché ora sono stanco”.
Riff di tastiera che sa molto d’oltremanica, basso e batteria che non si
riesce a stare fermi: è l’intro di “Disco labirinto”, seconda collaborazione del disco, nella quale le voci di Samuel e di Morgan dei Bluvertigo si alternano e si sposano nel creare il sogno di un’avveniristica discoteca “bianca, senza luci colorate, grande un centinaio di kilometri dalla quale non si possa uscire”. Terza collaborazione dell’album è quella con il dj Claudio Coccoluto, e quale miglior titolo se non “Il mio d.j.”? Il brano ha il sapore dell’underground, l’energia dei club dove la musica pulsa a tutto volume, la frenesia di un dj che traffica coi propri vinili. Insomma, “dentro quei solchi c’è l’anima”.

Il remix del brano, opera dello stesso dj, è la ghost track dell’album.
Violino un po’ spettrale ed una voce filtrata. Pochi secondi, ed il
ritmo incalza. Arrivano chitarra, tastiera, basso, batteria. La voce di
Samuel inizia a cantare “Tutti i miei sbagli”, successo che ha valso alla band l’undicesimo posto al festival di Sanremo, nonché brano apripista dell’intera stagione. E se sanremese è l’arrangiamento orchestrale, curato dal maestro Fabio Gurian, l’essenza del gruppo non cambia nei momenti di aggressività alternati a dolcezza, nella sincerità e nell’equilibrio del testo. Inoltre, “Albe meccaniche” è il brano inedito dell’edizione post-sanremese del cd. Sembra nascere dalle nebbie di una città appena sveglia, nel freddo invernale, tra echi e sussurri. Poi l’esplosione. “Nell’amara litania delle solite cose ci si può morire sai”.

“Microchip Emozionale” è un album dagli effetti collaterali, quali
possono essere la dipendenza e l’incessante voglia di saltellare ad ogni ritornello. E’ un album nel quale la ricerca d’innovazione e la modernità che si respira ogni giorno non soffocano le sensazioni e gli stati d’animo alla portata dell’esperienza quotidiana. E’ un piccolo microchip, ma quanto contiene è incredibilmente grande.

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